Il gadget 2012 di Gillo Dorfles.
Ma ci voleva proprio una mostra per ammirare gli oggetti pacchiani che ci hanno perseguitato in questi ultimi decenni e che hanno attecchito nel gusto estetico di massa? Mi riferisco alla mostra ideata da Gillo Dorfles negli spazi della Triennale di Milano che espone tutto il kitsch che ci è passato sotto gli occhi e dal quale, personalmente, ho spesso cercato di difendermi. Esibito in spazi istituzionali, sotto forma di lettura antropologica, l’oggetto infimo, plasticoso, ridondante e di concezione consumistica assurge ad opera d’arte, fotografando il nulla che permea, oggi, il concetto stesso di arte.
Figli dell’invasione pop americana fine anni settanta coniugata all’euforia della produzione industriale in serie, questi oggetti di dubbio gusto hanno attraversato generazioni, sopravvivendo alle spalle imbottite e ai capelli cotonati anni ottanta, alla new wave e new age, alle guerre preventive e ai venti di recessione fino ai portafogli in “bolletta” degli ultimi tempi. È la cultura del “gadget” di cui siamo invasi e che osanna la plastica e la forma a stampo. È il nano in giardino che ci ha sempre reso triste la casa della zia Pinuccia, è il poster di palme alla parete che piaceva tanto ai parrucchieri di periferia, è il piatto con spaghetti e forchetta sospesa che ha reso squallidi i luoghi di italianità in terra straniera, sono gli animali cartoonizzati con funzione porta oggetti, tovaglioli, svuotatasche e altro che abbiamo spesso ricevuto da cognati che vogliono saziare il tuo sensibile senso estetico, le pecorelle o i porcellini porta stuzzichini per party “american pie” e chi più ne ha, più ne porti a Gillo, che potrebbe allestire una nuova paolinica “Venere degli stracci” con una montagna di scarti Kitsch. Suggerisco anche una mostra itinerante, casa per casa, perché tutti noi possediamo (chi nascoste e chi orgogliosamente visibili) un pò di queste grandi opere d’arte. E chi ha un amico cinese può pure godere di magnifici cloni prodotti in oriente fatti al risparmio.
Del resto, le porcellane di Koons, gli oggetti readymade di Bonomi, i teschi di Van der Velde e altre opere contemporanee che troviamo anche in questa mostra si spingono oltre il cattivo gusto impagliando animaletti, accozzando oggettini di plastica, collezionando puffi in vetrinette, rispecchiano un’estetica dell’arte fortemente contaminata e spinta verso il basso. Per dirla con parole di Dorfles questi artisti si servono del cattivo gusto per persuadere il pubblico che non è all’altezza della grande arte. Allora, dico io, abbassiamo il livello, se l’arte non si avvicina alla comprensione del grande pubblico ci avviciniamo noi artisti con produzioni da Luna Park per contribuire alle divertenti oscenità barocche dell’usa e getta. Forse il curatore vuole accomunare le opere dei grandi artisti osannati oggi a queste produzioni industriali di bassa lega. Se così è, speriamo venga compreso, anche se i protagonisti delle mostre restano sempre loro e i loro oggetti spazzatura vengono quotati cifre strabilianti.
E la poetica? A che serve un’anima ad una società che produce e consuma spaventose quantità di oggetti di plastica accumulandole in case-discariche? Quando la poetica sarà in polietilene ad alta intensità, ipercromatica e scaricabile in mp3, ci riempiremo anche di quella.
” Gillo Dorfles. Kitsch, oggi il Kitsch”
Triennale di Milano
Fino al 26 agosto
www.triennale.it
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