Milano Design Week. Da dove cominciare.

Ieri si è inaugurata la settimana più attesa dell’anno, quella che vede Milano al centro d’Europa e che, per certi aspetti, la trasforma in un Luna Park a cielo aperto. Già correva per le vie del centro una fiumana di gente che si infilava in eventi su e senza invito, non importa se si parla di materiali per costruzione, luci d’ambiente, progetti: quello che conta è il colore che invade la città, l’allegria a bollicine negli openings e, meglio ancora, un invito tra le mani che ti fa sentire un po’ vip!
Ma va bene così, anche se si è dimenticato che tutto nasce dal Salone del Mobile battezzato nel 1961, in pieno boom economico, una fiera che ha portato l’eccellenza del Made in Italy alle più alte vette internazionali e che solo nel 1991 gli si affianca la kermesse della Design week raggruppata nel Fuorisalone da Gilda Bojardi dorettore della rivista di design Interni, edita da Mondadori.
Effettivamente questa svolta ha reso la città più attrattiva per tutti, forse più democratica, perché alla fine l’architettura e il design è una cosa che riguarda tutti, il nostro modo di vivere e di pensare, i nostri valori e la nostra contemporaneità.
Proprio per questo nell’edizione 2025 il tema più affrontato è quello della Pace, e il suo contraltare della guerra, su cui riflettono molti designer con i loro progetti e le loro installazioni, ma anche il tema della natura e della sua capacità di stupirci.
Da dove partire per farsi un’idea? Sicuramente dalla postazione numero uno e cioè dai meravigliosi cortili dell’Università Statale, via Festa del Perdono, dove troviamo in quello centrale un prato circolare di fiori che ci invita ad un’immersione nel design come elemento di connessione tra le culture. Intorno troviamo progetti realizzati che combinano tecnologia digitale e abilità artigianale, che raccontano varie lavorazioni di materiali di sempre, come il marmo, ma anche le semplici e meno nobili piastrelle. Senza dimenticare il legno, nel progetto di Michele De Lucchi “Catasta” che ricorda una forma vagamente orientaleggiante. Molte le installazioni di light design e per questo si consiglia una incursione notturna, sicuramente molto suggestiva. Da non perdere, nel chiostro laterale, un’ installazione contro la guerra in Palestina che forse appare la cosa più “forte” e che invita ad un rispettoso silenzio.
Segnalo, inoltre, lo scenografico labirinto di Piero Lissoni per Sanlorenzo, una metafora della vita che si snoda tra vele, rande e fiocchi.
Seconda tappa direi l’Orto Botanico di Brera dove troviamo l’invito alla pace e alcuni spunti di riflessione di Marco Balich nel passaggio obbligato dello “Strettone” che porta ai giardini e alle bandiere nere di Philippe Starck “War Flag” che denunciano le violenze in atto nel nuovo ordine mondiale e sollecitano il pubblico ad una forte e attiva riflessione.
Se passate per l’Accademia di Brera è da vedere il cortile napoleonico con al centro una libreria luminosa e rotante realizzata da Ed Devlin per una comunità temporanea di lettori.
Terza tappa Eataly con il viaggio immersivo di Elena Salmitraro in un percorso surreale di colori ed elementi naturali.
Partendo da questi luoghi si può capire il “trend” che dilaga nella città e avere un assaggio delle riflessioni che guidano il fare design in questi tempi di incertezza e cambiamenti.












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