Storie di ordinaria follia, atto 3: la Biennale di Venezia
La prima volta non si scorda mai. Eh no.
Chi è mai stato alla Biennale di Venezia in veste di giornalista? Ma soprattutto, chi è mai stato alla Biennale di Venezia, PER LA PRIMA VOLTA, in veste di giornalista?
Domenica, ore 6,00. Sei in piedi, quasi sveglio, già docciato e, con l’abituale ansia da partenza in treno, ripassi rapidamente la checklist:
- Previsioni meteo e variabili da esse derivanti: viste e calcolate .
- Attrezzatura del piccolo viaggiatore, comprensiva di ombrello, caricabatterie, gomme da masticare, libro e cuffiette: presa.
- Pass: ci hai dormito, per paura di dimenticarlo.
- Trench e occhiale da sole: indossati, per aggiungere un tocco di professionalità, che non guasta mai.
Ore 11: approdato a Venezia, perfettamente mimetizzato agli autoctoni e ai turisti, raggiungi l’Arsenale e, quindi, la via d’accesso agli innumerevoli e opinabili gradi di bellezza nel panorama dell’arte contemporanea mondiale.
Com’è che dicono? Un’opera d’arte è soprattutto un’avventura della mente.
Beh, se questo vale per una sola opera, immaginate di elevare il concetto ad un numero indefinito, ma considerevole. Molto considerevole. Senza illudervi, la mente a vostra disposizione rimane una ed un’unica.
Ore 17: sordo per via delle urla di teste scolpite in Israele, dissetato dall’ inconfondibile earl grey della Gran Bretagna, con la nausea di un viaggio in mare aperto negli Emirati Arabi, dopo aver barattato la tua bottiglietta d’acqua con della molto più salutare acqua di laguna in Cina e aver osservato una larva rotolarsi abbronzata da un faretto, dopo code interminabili in Corea per stanze buie, super 8 e fischi di bombe non detonate in cuffia, deluso dall’uso improprio (e anche un po’ canzonatorio, date le ore di cammino che tu, visitatore, hai accumulato) che in Germania fanno degli sgabelli, flashato dalla molteplicità di suoni e colori dell’avvenente contenuto multimediale, ma rincuorato dalle familiari pagine illustrate di Jung… è ufficiale. Sei ubriaco d’arte. Anzi, sei un giornalista ubriaco d’arte.
Ore 18: Ancora in hangover artistico, realizzi che, per paura di incappare nei classici imprevisti del viaggiatore fortunato, hai prenotato il treno SOLO 3 ore dopo la chiusura dell’esposizione. A questo punto le scelte sono due.
- dedicare la microporzione di mente ancora sgombra alla chiesa di San Giovanni in Bragora e fare un passo indietro verso forme artistiche più classiche;
- concedersi, perchè chiodo scaccia chiodo, un’ombra di vino in un locale che ti consenta di fare quanta meno strada a piedi possibile.
A mezzanotte approdi in stazione Centrale, con i piedi cotti e la mente satura e un unico pensiero ti porta per inerzia verso il vicinissimo lunedì: la prima volta non si scorda mai. Eh già.
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