Icone 2.0: “Lei ha caldo al culo”
Di Giulia Dalle Rive
Al museo del Louvre di Parigi è conservata una delle opere più celebri della storia dell’arte: la Gioconda di Leonardo da Vinci. Si tratta di un opera di piccole dimensioni che nella sala “8” si scorge a malapena tra le teste di turisti impazziti intenti a fotografarla con gli smartphone senza averla guardata prima.
La domanda che vorrei porre a questi tecnologici visitatori è: perché apprezzano così tanto questa opera?E perché tralasciano la Vergine delle Rocce o la Belle Ferronniere appese poco più in là e sempre del grande artista?
Davanti ad un quadro milioni di persone impazzite, davanti ad un altro qualche visitatore casuale che forse non riconosce nemmeno di chi sia.
La Gioconda è diventata un’icona e per questo piace a tutti.
Aveva ragione Duchamp, dadaista francese, quando criticando le icone ha creato L. H. O. O. Q. la celebre Monna Lisa baffuta. Letteralmente l’opera è l’acronimo di “Lei ha caldo al culo”, muovendo un originale e molto attuale critica ai conformisti dell’epoca.
L’artista non intendeva criticare Leonardo bensì le persone superficiali, amanti della Gioconda solo perché considerata bella, conformandosi al gusto dell’epoca.
Ahimè lo stesso Duchamp, anticonformista fino al midollo, è diventato un’ icona, un poster da appendere in casa.
Dov’è finito il gusto personale? Dov’è finito il detto moralista ” non è bello ciò che è bello ma è bello ciò che piace”?.
Esce un film al cinema e guardiamo prima quante stelle gli sono state attribuite.
Recentemente mi è capitato di vedere Nymphomaniac film del regista Lars von Trier. Appena uscito, l’anno scorso, è stato considerato erotico e scandaloso perché tratta la vita di una Ninfomane senza censurarne i vizi. Le stesse persone che guardano film horror, pieni di sangue e violenza, hanno sostenuto che il film fosse osceno. Ma sfido chiunque ad aver messo da parte le critiche, le stelle su internet e il falso pudore del XXI secolo e aver guardato il film provando a capirne il senso.
Non è un’apologia è solo un invito a disfarsi dei preconcetti e a provare a giudicare da soli se qualcosa ci piace o meno.
Rivendichiamo la libertà di pensiero e siamo i primi a rimanere intrappolati nelle ragnatele del conformismo.
A mio parere la cultura non è amare la Gioconda perché di Leonardo, ma entrare in un museo e cercare, affamati, qualcosa che ci emozioni davvero.
Ormai non guardiamo più ciò che ci piace, non giudichiamo le opere con il nostro gusto personale, ma con quello di critici e giornalisti che impongono il loro.
Rivendico il pensiero di Duchamp, rivendico l’arte in quanto anticonformismo, in quanto ribellione. Rivendico il gusto personale e la capacità di tutti noi di essere critici per noi stessi.
E anche se più faticoso e meno “veloce” di internet e dei social network, riprendiamoci la lentezza che ci spetta, torniamo ad andare alle mostre e nei luoghi di cultura con la mente aperta e i nostri occhi.
Torniamo a guardare l’arte e a chiederci ”che effetto ci fa”?
Giulia Dalle Rive
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