Considerazioni dal Festival dei Due mondi.

Di Dario Rivarossa

Le mostre d’arte rientrano o non rientrano tra le iniziative del Festival dei Due mondi di Spoleto? Il dibattito può infervorare i critici e i media, ma per il visitatore che percorre la città la cosa è tutto sommato indifferente: dappertutto l’occhio è incantato dalla bellezza estetica, che si tratti di mostre in corso, esposizioni più o meno permanenti, o delle tante botteghe d’arte che si susseguono lungo i vicoli del centro storico.
“In questi ultimi anni, con la gestione Ferrara – dice uno degli organizzatori, Alberto D’Atanasio, mentre ci si sposta da una location all’altra – il Festival si è ripreso: agli spettacoli il pubblico è sempre numeroso. Molti vengono da fuori…” e infatti si incrociano per strada gruppetti di tedeschi e giapponesi; ma, aggiunge D’Atanasio, “il guaio è che non si fermano. Arrivano, se- guono lo spettacolo e se ne vanno”. Già,l’eterno problema del turismo ‘mordi e fuggi’ in Umbria, che porta poche risorse
al territorio. Quanto a lui, D’Atanasio, avrebbe la mezza intenzione di provare a riconciliare il
direttore artistico del festival Giorgio Ferrara e il critico Vittorio Sgarbi, ma al momento [domenica 8 luglio] non è dato sapere come andrà a finire.Ora, a costo di apparire sacrileghi, vorremmo fare qualche considerazione mettendo in un unico calderone i tre principali eventi artistici del (o in concomitanza con il) Festival dei Due mondi. Ossia l’esposizione di sculture moderne dislocate nei vari angoli di Spoleto,la mostra al Museo Carandente di palazzo Collicola, e quella‘sgarbiana’ a palazzo Racani Arroni.Tra i nomi di maggior spicco vi sono lo scultore Giovanni Albanese, il ‘grande vecchio’ ceramista Gillo Dorfles, il designer Gaetano Pesce, ma intercalati a numerosi altri autori. L’impressione generale è di un certo smarrimento da parte degli artisti. Vi sono anzitutto opere che ‘sarebbero’ di avanguardia se fossero state realizzate fino agli anni Sessanta, ma ora appaiono fuori tempo massimo. In altri casi, una ricerca dell’effetto estetico un po’fine a se stesso, a volte abbastanza kitsch,a volte un po’ vacuo.Sull’insieme, i filoni più promettenti appaiono due. O una ripresa della buona, sana tecnica del passato, ma rielaborandola alla luce della sensibilità odierna. Oppurela valorizzazione di ciò che offre il presente, in particolare il design, coniugando una elegante essenzialità a un gusto inventivo anche estremo (si pensi all’architettura nei Paesi emergenti).In ogni caso, per le diverse sensibilità, Spoleto ha davvero molto da offrire.

Dario Rivarossa

 

Commenti