Riflessioni sullo spazio, sul tempo e sulla memoria.
Di Giovanna Vitale
In occasione della Giornata della Memoria ho sentito l’urgenza di condividere con voi delle immagini e alcuni pensieri. Proprio come propone l’headline del nostro blog possiamo chiamarle “riflessioni esperienziali”, perché partono dalla visita, che mi capita di ripetere ogni volta che mi si presenta l’occasione, a un incredibile museo-memoriale.
Un’iniziativa utile, utilissima, quella del giorno della memoria, però, sarebbe ancora più fruttuosa se tutti ne approfittassimo per guardarci intorno, per fermarci a pensare anche a ciò che è a noi più vicino, nello spazio e nel tempo.
Cominciamo col tempo: ciascun popolo ha fatto, in modo diverso, i conti con il proprio passato. A me fa pensare come lo abbiamo fatto o lo stiamo facendo (ma davvero lo stiamo facendo?) noi italiani e, a volte, mi atterra il confronto con i tedeschi. Stiamo su un avvenimento recente: è proprio vicino nel tempo un cambio di rotta della Merkel riguardo agli immigrati, mi riferisco alle sue decisioni di apertura riguardo all’accoglienza, impopolari oggi per qualsiasi politico. Roba da perdere consenso, se non le elezioni e, sicuramente, il sonno avranno meditato i governanti italiani! Questa capacità di decidere e di assumersi la responsabilità di non piacere a molti, mi ha fatto notare una differenza sostanziale, che era già apparsa in merito alla volontà di realizzare architetture, memoriali, musei dedicati allo sterminio, al tema scomodo della sopraffazione dell’uomo sull’uomo. Eppure i risultati tangibili in Germania ci sono, chi era responsabile anche della memoria collettiva ha deciso di costruire opere che stanno lì a testimoniare prese di coscienza e linee culturali nette e in molti vanno a visitarle. Basta nominare il memoriale della Shoah, progettato da Eisenman e costruito sopra i resti del bunker di Hitler, o il Jewish Museum di Libeskind, entrambi a Berlino, che costituiscono una presenza visibile e vivibile, impossibile da ignorare per gli anni a venire. Hanno visitatori che, se sommati, viaggiano nell’ordine del milione l’anno.
Quanti sanno che in Italia esiste uno straordinario luogo della memoria, progettato a partire dagli anni ’50 da maestri della cultura del progetto, lo studio BBPR e Albe Steiner? Queste persone avevano vissuto sulla propria pelle l’esperienza dell’orrore, della lotta, dell’opposizione in prima persona, prima, e della rinascita, soprattutto culturale, poi. Il loro progetto ha fatto scuola, andate a toccare con gli occhi le scritte rosso sangue sui muri grigio chiaro che riportano fedelmente frasi prese da diari, foglietti, lettere, messaggi arrivati fino a noi dalle vittime, oppure le incisioni sulle pareti, sui pilastri e sulle volte della “Sala dei nomi” dei deportati. Il “Museo Monumento al deportato politico e razziale nei campi di sterminio nazisti” è visitabile dal 1973 a Carpi, nel Castello dei Pio e sta lì anche perché, molti non lo vogliono ricordare, a poca distanza c’è il campo di concentramento di Fossoli, dal quale passarono in tanti, come Primo Levi, prima di essere spediti ai campi per lo sterminio. Sta lì a dire questo è successo anche per opera di italiani, questo è il male che non si può ignorare e del quale dobbiamo renderci conto anche oggi.
Ecco, sono arrivata a ciò che è vicino nello spazio e che possiamo andare a vedere per percepire cosa è accaduto, per apprezzare le idee grafiche e costruttive di un sorprendente “museo esperienziale”, pensato prima di quelli di Berlino, o dello Yad Vashem, o del muro della sinagoga di Praga, ma che idealmente unisce i memoriali di tutto il mondo.
Come epilogo nel primo catalogo del museo è stampata questa frase: “E voi imparate che occorre vedere e non guardare in aria; occorre agire e non parlare. Questo mostro stava, una volta, per governare il mondo! I popoli lo spensero, ma ora non cantiamo vittoria troppo presto: il grembo da cui nacque è ancora fecondo.”
Bertold Brecht, dall’opera “La resistibile ascesa di Arturo UI”, 1941.
- Una visione grafica delle testimonianze. I muri del museo riportano incise frasi tratte da documenti sopravvissuti alle vittime. L’effetto sul lettore è impressionante.
- La “Sala dei nomi” con incisi i nomi delle vittime dei campi di sterminio. Ideata da Albe Steiner è una delle prime realizzazioni in assoluto di questo tipo. Albe Steiner, maestro di riferimento della grafica mondiale, fu un attivo partigiano e partecipò alla formazione della Repubblica dell’Ossola (esperienza unica della Resistenza italiana).
- Oggetti di uso quotidiano realizzati a mano dal deportato Lodovico Belgiojoso nel campo di Mauthausen. Gli Architetti Belgiojoso, Banfi, Peressutti e Rogers dal 1932, anno di composizione del gruppo BBPR, furono subito attivi come oppositori del conformismo culturale dell’Italia fascista. Nel ’38 Rogers sarà costretto a fuggire in Svizzera, nel ’44 Belgiojoso e Banfi saranno arrestati per attività partigiana e deportati. Banfi morirà nel campo di Gusen.
- Diversi artisti donarono loro disegni perché fossero riprodotti graficamente sui muri (Picasso, Cagli, Guttuso, Léger). Qui un particolare del graffito da un disegno di Renato Guttuso e firmato: Guttuso ’44 -’72
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