Riflessioni su Berlino. Ma anche su Milano…
Di Antonio Dalle Rive
Non so se dico stupidate, ma l’unica cosa che ho capito visitando Berlino, anche grazie ad amici che ci vivono e che mi hanno scorazzato in giro, è che siamo vecchi.
Non noi, ma la nostra città e il nostro Paese. Un paese, una città dovrebbero essere un bene condiviso e non imposto. Milano ha spazi infiniti, ex fabbriche e stabilimenti che sarebbero potuti diventare luoghi di cultura, con esposizioni artistiche non solo dei soliti noti, rendendo la città un pò come la capital tedesca. Berlino mi ricorda i giorni del “fuorisalone” senza lo stress di un evento concentrato soltanto in una settimana. Milano ha tanti muri che ci parlano della sua storia, gallerie e sotterranei, parchi e spazi, canali e pareti che potrebbero diventare uno spazio per l’arte, la cultura, la musica e molto altro. Milano, invece, chiude i pochi luoghi di aggregazione giovanile, da la caccia ai writers, non permette scambi culturali/alimentari nei parchi, chiude le fontanelle ( i draghetti) (così i drogati non si bucano), non permette musica nei sotto passaggi, arte in metro e tenta di “patinare” una città in attesa di un Expo che ancora non c’è.
Vedendo Berlino, mi ritrovo in quell’atmosfera già vissuta a New York dove il lecito è consentito ed è lecito abbellire la città, rallegrarla con la musica, recuperando, con affitti calmierati, luoghi degradati o alternativi. Invidio il Museo Hamburger Bahnhof con opere più o meno discutibili ma che recupera una vecchia stazione ferroviaria quanto l’orinatoio pubblico dei primi novecento, sotto il ponte della U.bahn, trasformato in un chiostro che vende cibo e bevande a giovani e meno giovani che aspettano chiaccherando. E in giro per la città I muri orrendi e scrostati, che inciderebbero notevolmente nelle spese condominiali, dati in mano ad artisti di strada che li hanno trasformati in “opere d’arte” che diventano punti di riferimento.
Noi aspettiamo, invece, i fotomurales di Armani, lasciamo la città in mano al clan degli architetti che propongono orrendi giardini verticali, dopo aver devastato quelli orizzontali. Passiamo la mano agli stilisti, che ci ubriacano di anoressia e dimentichiamo la bellezza dei quartieri, dei centri sociali, delle bocciofile.
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